Introduzione

Uno spettro si aggira per l’aula di canto… lo spettro del tuo ego.

No, non è il nuovo manifesto del vocal coaching, è solo il problema che ogni didatta deve affrontare quando si tratta di svolgere una lezione individuale.
Ognuno di noi, si sa, ha una mente pensante e analitica che in modo continuo giudica ciò che sta accadendo e ci dà un feedback costante sugli effetti del nostro operato. E fin qui niente di male, siamo fatti così e ci sono ottime ragioni biologico-evoluzionistiche per tutto ciò. 

Questa mente giudicante, chiamata anche ego, però, in fase di apprendimento può ritorcersi contro di noi, può farci rallentare moltissimo perché tra l’impulso e l’azione fisica si interpone il giudizio. Quel continuo chiacchiericcio interno, antipatico e dispettoso.

Alcuni esempi di giudizi spontanei prodotti dalla nostra mente durante una lezione di canto:

“Non ce la farai mai”

“Stai stonando”
“E questo me lo chiami fiato??”
“Tanto adesso non ci arrivi” 

“Costui/costei è pazzo/a!” (riferito al docente) 

“Tua madre/tuo marito lo dice sempre che sei stonato/a”



Il tutto arricchito da constatazioni più profonde provenienti direttamente dal nostro tenebroso inconscio, traumi infantili e tendenza al collocare se stessi in una graduatoria, del tutto fittizia, che scatena il timore o l’eccitazione riguardo al confronto con gli altri.

La suora

Ditemi se è successo anche a voi o se avete incontrato allievi affetti da “la suora”.

Sovente, nella generazione degli allievi nati tra il 1960 e il 1969, mi sono imbattuta nel tremendo racconto della perfida suora che conduceva il coro della scuola

 

“Tu muovi solo la bocca mentre gli altri cantano, fa’ finta, perché sei stonato”

 

E poi via sul palco!

 

Non mi crederete, ma mi è stato raccontato numerose volte e da vittime provenienti da diverse città e paesi! Che sia stata la stessa suora ad essere nomade? O forse era un’usanza pedagogica in voga nel periodo? Io so solo che, ad oggi, buona parte del mio lavoro consiste nel riparare i danni causati dalla suddetta suora o chi similmente ad essa ha etichettato i malcapitati con giudizi che sanno marchiare quanto un’estrema unzione.

Questi giudizi, questa contorta coscienza del sé, costituiscono un notevole rallentamento nel processo insegnamento-apprendimento.

L’indicazione del docente spesso non viene presa per quella che è, ma come una leva al sé giudicante, il pensiero (inutile) si frappone tra l’impulso suggerito e l’atto fisico vero e proprio

Between the idea, and the reality, between the motion and the act, falls the Shadow - The Hollow Men
T. S. Eliot
Poeta

Tutto ciò, durante una lezione di canto o strumento, non è altro che una perdita di tempo e di energie.

Occorre un grande focus per assorbire quanto si sta cercando di apprendere, occorre concentrarsi esclusivamente sul concetto e sull’azione per quello che sono, senza considerazioni né giudizi.

Che far dunque?

 

Mi rendo conto che non è facile! Ai fini di un buon coaching, è necessario impostare un mindset focalizzato e acritico durante una lezione: bisogna concentrarsi esclusivamente sull’azione che si sta compiendo, sbagliando e riprovando, ancora e ancora, senza giudicare (e giudicarsi).

E’ compito di noi coach individuare quel lampo nello sguardo dell’allievo (“Ah! Ti ho visto che hai pensato!!”), è compito del performer (allievo, se durante una lezione) prendere consapevolezza di dove stia vagando la propria mente dispettosa, se è ben salda nel qui ed ora, se è concentrata per davvero in ciò che sta facendo o se sta pensando alla sua suora…